CAPITOLO I QUATTORDICI

i camion degli “ucraini” ci passaron di fianco sparacchiando sulle vicine roccie, comanco

LA LIBERAZIONE

Si seppe invece che di Milano in tribunale
in quel tempo era diventato “attuale”
liberar prigionieri pagando una “tangente”
perché ormai la fine appariva imminente.
Con l’interessamento di un avvocato
altre “centomila” fu pagato
e ufficialmente fui tosto liberato.

Naturalmente mi venne consigliato
di lasciar subito Milano ad evitare
della Muti nelle mani ritornare.
Pertanto mi rifugiai nella valle d’Aosta
dove la mia famiglia era già posta.

Ma alla vigilia della liberazione,
resa evidente dalla invasione
del nord Italia dalle truppe alleate,
decisi il ritorno in sede a tappe forzate.

Da Aosta ripartimmo io e mia moglie
su un camion scoperto verso le soglie
della valle all’avventura
non sapendo qual fosse la sorte futura.

A Pont Saint Martin fu riferito
che una colonna di “ucraini” avea risalito
dal suo sbocco la valle verso il nostro sito.
Il camion fu pertando posto in rimessa
per non esser requisito da quella soldatesca.

E noi ci avviammo per la strada statale
col sacco in spalla e una valigia “manuale”
i camion degli “ucraini” ci passaron di fianco
sparacchiando sulle vicine roccie, comanco
fossero piene di partigian ribelli
pronti a sparar su quelli:
avean più paura loro di noi poverelli
ai quali non prestarono cale
e non ci recarono alcun male.

Verso Ivrea incontrammo per strada
il professor Michelini, in quella contrada
sfollato con la moglie perché ebrea
da Modena, quando in quel sito avea
infuriato la persecuzione razziale
dai nazisti promossa e come tale
imposta dai fascisti con ordine fatale.

Dai Michelini fummo ospitati
e generosamente rifocillati.
Il luogo era già liberato
e il capo partigian ci fu presentato,
il dì seguente un calesse ci fu offerto
per proseguire il viaggio fino al confin deserto,
Garibaldi si chiamava il cavallin vivace
e un rosso pennacchio avea sul carapace.

Poi sempre a piedi proseguimmo il viaggio
talché agevole fu osservare il paesaggio.
Monache in calesse ci offrirono breve passaggio,
un prete ci venne incontro col dito puntato:
“Che sguardo d’aquila” disse dopo avermi squadrato.
Per aver figli maschi una ricetta
voleva ad ogni costo mi fosse detta.
Ci disse che Schuster, di Milano il cardinale,
per esser filofascista era un criminale.

 

Schuster

Ci disse che Schuster, di Milano il cardinale, per esser filofascista era un criminale

Molti paesi liberati erano in festa
per la nuova Italia che s’era desta.
A Novara in albergo passammo la notte;
fuori i fascisti dai partigiani prendevan botte.
Presso Magenta fummo fermati a un posto di blocco
di partigiani che di noi voller sapere natura e sbocco.

A nostro rischio dissi lor che anch’io
ero partigiano e già ne avea pagato il fio.
Sapemmo che una colonna tedesca
s’era arroccata sulla strada maestra:
deviar dovemmo il nostro cammino
sull’autostrada in un luogo vicino.
A Milano arrivammo a porta Magenta
mentre gli alleati entravano nella città redenta.