CAPITOLO | CINQUE

Nei reparti i maniscalchi dovean fabbricare con la vergella i chiodi per cavalli e muli ferrare.
Tale era la situazione di quella guerra disperata.

A CORTE

Dopo qualche giorno mi giunse l’ordinanza
che mi trasferiva da Bastia a Corte, di stanza
al comando generale del corpo d’armata
che allora governava la Corsica occupata.

 

A Corte mi accolse un distinto maggiore,
nobile milanese dal tratto superiore.
Avendo saputo che ero un universitario,
assistente di ruolo e professore incaricato,
mi diede subito il seguente mansionario
dicendo: “é proprio quel che si addice al suo stato!”

 

Consisteva nel tenere una contabilità giornaliera
del materiale di selleria e mascalcia, che era
necessario all’interno del corpo d’armata:
la quantità richiesta e la quantità data.
Su un grosso registro ogni giorno segnavo
il materiale richiesto e quello che davo
ma di quest’ultimo la quantità assegnata
era solo il dieci per cento di quella sperata.

 

Nei reparti i maniscalchi dovean fabbricare
con la vergella i chiodi per cavalli e muli ferrare.
Tale era la situazione di quella guerra disperata.

 

Finalmente giunse al comando del corpo d’armata
dell’università di Milano la chiamata
che in sede mi fosse concesso di rientrare
per gli esami del mio corso espletare:
era davvero una ben strana situazione
per una così prepotente e bellicosa nazione!
Ma la storia é piena di queste incongruenze
ed é buffo analizzarne tutte le conseguenze.

 

A Bastia salii su un cargo militare
che fino a Roma volò rasente il mare
dell’aviazione nemica gli incontri ad evitare;
e fu per me gran festa sul continente ritornare!