RICHIAMO ALLE ARMI: TERRACINA
Il millenovecentoquarantatre é stato
un anno di drammatici eventi, ma molto fortunato.
Fino allora avevo potuto evitare
in quella fottuta criminal guerra di andare:
della F.I.V.R.E. di Pavia ero consulente
e perciò dal servizio militare esente.
La fabbrica era stata dichiarata
di militare interesse dotata:
elettroniche valvole produceva
anche se ciò ad angli brevetti doveva.
Ma quell’anno ai criteri di esenzione
le sorti della guerra imposero una variazione.
Nel mese di aprile fui richiamato,
ad un reggimento di artiglieria assegnato
e ad un corso di tiro antinave inviato,
a Terracina per un mese durato.
Il corso era “teoricamente” impostato:
stando in aula, sulla lavagna un punto
era fissato e il suo sito sul mare desunto
rispetto a due telemetrici osservatorii
situati sulle colline viciniori.
Noti infatti tra due punti la distanza
e i due angoli ai suoi estremi di stanza
il terzo vertice risulta definito
e con trigonometrico calcolo reperito.
Alle batterie di cannoni venivan comunicate
del loro tiro, sul teorico punto, le coordinate;
dalle rose dei colpi, dagli osservatorii osservate,
le correzioni di tiro erano calcolate
e alle batterie di cannoni riportate.
Il tiro sembrava un gioco intellettuale
che alla guerra non prestava cale.
A Terracina il clima era assai mite,
piacevole il soggiorno e le nostre vite
trascorrevano in condizioni davvero inaudite:
pesci e carciofi fritti in olio bollente
ci venivano offerti da quella brava gente.
In alto un antico tempio di Giove
ci faceva sognare d’essere altrove,
in Grecia o in Sicilia o altra classica regione.
Alla fine del corso il maggiore istruttore
ci schierò in fila e con strano “ardore”
ci fece in chiare parole questo discorso:
“Adesso voi sarete schierati sul dorso
di qualche promontorio nel mediterraneo
a difesa della patria da attacco subitaneo,
ma sappiate fin da questo momento
anche se questo vi dico con sgomento,
che noi possiamo dotarvi a tale scopo
solo di cannoni che son giá fuori gioco.
Sono cannoni della lontana libica guerra
a rinculo su ruota e arretramento su terra,
che ad ogni colpo occorre riposizionare
e di canocchiale di puntamento riattrezzare:
perché non sia frantumato va tolto ad ogni sparo.
Pertanto raccomando: non sparate mai per primi
altrimenti i nemici, più moderni, vi faran supini”.
Con questo viatico in licenza ce ne andammo
ciascuno a casa propria senza affanno.
Da pochi giorni con la famiglia ero in Brianza
quando mi giunse un telegramma da distanza:
“Rientrare subito di Modena alla base
che il servizio lo richiede per una nuova fase”.