Ammanettati e incatenati come forzati su camion aperti eravamo caricati
IL PROCESSO FARSA
Nel gennaio 1945 disser che un attentato
contro germanici soldati fosse stato effettuato,
che, come per i fucilati di piazza Loreto
prelevati dal carcere in gran segreto,
anche stavolta i nazi vollero una decina
di fucilandi da prelevar su una trentina
di politici già racchiusi in San Vittore
ma facendo un finto processo per salvare l’onore
e l’internazionale reputazione del regime
avvicinandosi della sua triste guerra la fine.
Ma nel processo alla Muti fu detto invece
che quel processo per altra ragion si fece:
il lancio di una bomba contro l’ambulanza
della Muti: un attentato senza speranza.
Nel primo caso la Muti intendeva difendersi
dicendo che all’autorità straniera avea dovuto arrendersi;
nel secondo la Muti intendea giustificarsi
accusando i partigiani d’inumanità cosparsi,
evitando peraltro anche l’accusa
d’esser stata ai nazi obbediente adusa.
“Raschomon” dice il narrator nipponico
per indicare una verità controversa
con una descrizione fortemente diversa
di uno stesso avvenimento ma “sardonico”.
Per tre giorni consecutivi fummo portati
al palazzo di giustizia ma mai interrogati.
Ammanettati e incatenati come forzati
su camion aperti eravamo caricati
e per la città ben in vista portati
perché alla gente fosse ben noto
tale spettacolo: questo era lo scopo.
Nel palazzo di giustizia stazionavamo
per mezza giornata e vedevamo
dal nostro ripostiglio nella sala visita
eleganti ufficiali della milizia fascista
scherzare e ridacchiare come ad una festa
ma senza che alcuna imputazione ci fosse desta.
Alla fine a San Vittore rientravamo
nello stesso modo, come prima eravamo.
Dopo i tre giorni ci fu comunicato
quale infame verdetto era stato vergato.
Nove giovani gappisti furon prelevati
e al campo Giurati portati e fucilati.
Tristemente li vidi partire la mattina
del 14 gennaio millenovecentoquarantacinque in fila
avevan gli occhi lucidi come brillantina.
Nove giovani gappisti furon prelevati e al campo Giurati portati e fucilati
Seppi più tardi, dopo la liberazione,
che l’amico Bauer con grande passione
s’era di me occupato in quell’occasione
come anche l’amico Antonio Banfi
che di me si interesso’ le Brigate Garibaldi
proponendo uno scambio di persone
tra me e un fascista catturato a Clusone.
Alla fine del marzo millenovecentoquarantacinque
da Grazioli, commissario straordinario del Piemonte,
la richiesta di un mio scambio con militari fascisti,
in mano a partigiani piemontesi, a Mario Basse,
capo della provincia di Milano, fu rivolta
e parere favorevole dal questore Larice fu dato,
ma lo scambio accordato a Torino fu comunicato
solo il 14 aprile, poco prima della liberazione
e pertanto non poté più avere attuazione.